Chi vi ha accolto al cinema nel weekend – alla biglietteria, al bar o in sala – è una lavoratrice o un lavoratore che rischia di vedere peggiorare le proprie condizioni, nel silenzio generale del settore.
Mentre i film scorrono sugli schermi, lontano dai riflettori si discute un contratto nazionale che riguarda migliaia di addetti e che, secondo la Slc Cgil, non migliora il lavoro: lo rende più precario.
Per questo la Slc ha scelto di non firmare l’ipotesi di rinnovo del contratto degli esercizi cinematografici, siglata da Fistel Cisl e Uilcom Uil lo scorso 23 gennaio. Il motivo? Troppa precarietà, poche garanzie e una parte economica che rischia di restare sulla carta.
Il testo consente infatti un uso esteso dei contratti a termine e intermittenti – fino al 50% della forza lavoro – e prevede aumenti salariali parzialmente legati a un sistema di welfare inaccessibile per la maggioranza dei lavoratori.
In provincia di Bergamo i lavoratori coinvolti sono circa un centinaio, prevalentemente a orario part time, e sono impiegati sia nelle grandi catene multisala (UCI, Arcadia, Anteo) che nei cinema più piccoli. Anche qui, come altrove, si rischia un peggioramento netto delle condizioni lavorative, con meno tutele e più incertezza.
“È un’intesa sbilanciata, che rende più fragili tutti – commenta Lorenzo Martinelli, Slc Cgil Bergamo –. I cinematografi campano anche, e giustamente, di finanziamenti pubblici perché sono un bene culturale importante, ma non è pensabile che chi lavora al loro interno debba essere condannato a una vita precaria e malpagata. Per questo stiamo ascoltando i lavoratori in assemblea, verso una mobilitazione per un contratto più giusto.”
Perché il cinema non è solo spettacolo, ma anche diritti da difendere.