“Un mese di agitazione sindacale non è servito a smuovere l’azienda verso un punto di mediazione, ha continuato anzi a rigettare ogni proposta che arrivava”.
Così, i segretari di FILT CGIL, FIT CISL, UILTRASPORTI, FAISA CISAL ed UGL Autoferrotranvieri annunciano lo sciopero di 4 ore (dalle ore 17 alle ore 21) che il prossimo 21 ottobre fermerà la circolazione dei pullman di Arriva Italia sul territorio bergamasco. Rimodulazione del principale contratto integrativo fermo da 8 anni, una maggior attenzione alla conciliazione vita-lavoro e un innalzamento della qualità del servizio sono i temi che i sindacati orobici hanno sollevato con la dirigenza di Arriva senza mai ottenere una risposta. Arriva Italia è un colosso che opera in svariate regioni d’Italia. In Lombardia è presente a Lecco, Bergamo, Brescia e Cremona e da poco è stata acquisita dal colosso finanziario di investimenti americano I SQUARED.
Le proteste dei lavoratori e dei loro rappresentanti partono da lontano.
Nell’azienda del trasporto pubblico bergamasco, infatti, il principale contratto di secondo livello è stato siglato nel 2017, “praticamente un’altra era, considerando il CoVid- 19, l’inflazione, la recessione e tante altre situazioni che rendono necessari seri interventi contrattuali dal punto di vista economico e normativo a tutela del salario”, dicono Paolo Turani (FILT CGIL), Pasquale Salvatore (FIT CISL), Adriano Villa (UILTRASPORTI), Antonio Chimirri (FAISA CISAL) e Luigi Dionisio ( UGL Autoferrotranvieri).
Tra l’altro, in un periodo in cui molte aziende di trasporto pubblico del territorio hanno investito per migliorare il servizio offerto all’utenza e per contenere la disaffezione dei conducenti dalla professione migliorando la contrattazione di II livello sia dal punto di vista economico che normativo (conciliazione / lavoro), Arriva Italia sta andando in controtendenza, e sembra preferire il conflitto sociale.
“Arriva Italia seppur consapevole di essere poco attrattiva nel mercato del lavoro e dove anche i propri lavoratori sempre più spesso scelgono di lavorare per altre aziende, ha scelto lo strumento del sub – appalto, peggiorando di fatto il servizio a discapito di tutti i cittadini e svilendo le proprie risorse lavorative. Riteniamo infatti praticamente inaccettabile che nel 2025 alcuni lavoratori debbano essere impegnati fino a 14 ore al giorno, a fronte di una giornata lavorativa che vale 6 ore e 30 minuti . Altrettanto inaccettabile è che dal 2017 siano mantenute ferme le competenze economiche delle indennità contrattuali. Siamo alla vigilia delle gare d’appalto provinciali (l’Agenzia del TPL, responsabile dei servizi in provincia di Bergamo ha dichiarato la volontà di voler procedere con le gare nel 2026), e ci chiediamo se sia corretto che gli altri operatori del settore, che investono nel servizio pubblico e fanno sforzi economici notevoli per garantire un servizio pubblico degno di questo nome per soddisfare le esigenze di un territorio come quello bergamasco, debbano essere penalizzati da aziende che non investono e si preoccupano solamente di fare utili milionari.
Invitiamo le istituzioni e soprattutto l’agenzia del trasporto bergamasco a fare le debite riflessioni, per far sì che la gara non sia premiante per quelle aziende che non investono e fanno dumping contro le aziende serie, andando esclusivamente nella direzione del profitto a discapito della qualità dell’offerta del servizio, disattendendo il ruolo “sociale” che il trasporto pubblico riveste.
In più occasioni abbiamo chiesto che ci venisse fornita la lista delle aziende che operano in sub – appalto, per verificare le condizioni del lavoro dei loro dipendenti, ma non ci è stata mai fornita“.
“Purtroppo – concludono i sindacalisti – dopo aver preso atto della reticenza dell’azienda (nonostante i numerosi incontri e le tante proposte messe nero su bianco dalle Organizzazioni Sindacali), siamo stati costretti a dare seguito alla riapertura delle procedure di sciopero e chiedere all’utenza ed agli Enti preposti di prendere atto di come quest’azienda non intenda assolutamente investire sull’efficienza del servizio e sui propri dipendenti. Le organizzazioni sindacali osservano che se non ci sarà un immediato cambio di paradigma nelle politiche aziendali, non potremo far altro che andare verso una lunga stagione di elevato conflitto sociale, con ricadute sulla continuità del servizio. Infatti difronte agli annunci messi in campo dai vertici aziendali riguardanti fantomatici investimenti milionari da mettere in campo, ci chiediamo gli stessi in quale direzione siano orientati?Infatti sebbene sia doveroso investire sull’acquisto di nuovi mezzi, pensiamo altrettanto doveroso investire sulle strutture (depositi) e sopratutto sul personale, vera risorsa di ogni azienda che si rispetti”