Anche in alcuni comuni della nostra provincia sono comparsi i nuovi manifesti dell’associazione Pro Vita e Famiglia. A caratteri cubitali, si riportano dichiarazioni attribuite a studenti e studentesse che avrebbero vissuto tentativi di “condizionamento ideologico” a scuola, in riferimento all’identità di genere.
Una campagna che riteniamo pericolosa, demagogica e fuorviante. Pericolosa perché veicola messaggi lesivi nei confronti delle persone LGBTQIA+ e perché attacca proprio quei pochi spazi in cui, con fatica, si prova a promuovere il rispetto delle differenze. Fuorviante perché alimenta paure e stereotipi su qualcosa che non esiste: non esiste alcuna “teoria gender”, né una propaganda mirata a “convincere” bambini e bambine a cambiare identità.
Quello che manca, semmai, sono percorsi strutturati e diffusi di educazione all’affettività, al rispetto reciproco e alla cittadinanza consapevole. Percorsi che dovrebbero trovare spazio nelle scuole, per formare ragazze e ragazzi che sappiano riconoscere le differenze e vivere relazioni fondate sul rispetto, non sul giudizio o sulla paura.
Preoccupa che proprio la scuola, che dovrebbe essere presidio di crescita e inclusione, sia sempre più spesso bersaglio di attacchi politici che ne minano il ruolo educativo, e che il governo si attivi per limitarne la funzione, invece che sostenerla.
Per queste ragioni chiediamo alle amministrazioni comunali della provincia di Bergamo di prendere posizione e rimuovere i manifesti affissi nei propri territori, come è successo nel Comune di Roma. Farlo significa difendere la dignità delle persone, il ruolo della scuola e un’idea di società aperta, inclusiva e rispettosa di tutte e tutti.