La carenza di personale è l’ostacolo principale. Chiamare a raccolta associazioni e volontariato non è una soluzione.
Giusta la presa di posizione dell’Ordine dei Medici, ma il vecchio modello dei medici di famiglia va ripensato.
Il Consiglio dell’Ordine dei Medici di Bergamo ha preso una nettissima posizione sull’iniziativa di chiamata a raccolta, da parte di ATS, di associazioni e volontariato con invito alla sottoscrizione di una “Lettera di intenti” nella quale gli Enti del Terzo Settore e le Associazioni di Volontariato si impegnerebbero “a concorrere, all’interno delle Case della Comunità, al soddisfacimento dei bisogni emergenti nel territorio secondo le proprie competenze e missioni”.
Le preoccupazioni espresse dall’Ordine sono le medesime che Cgil Cisl Uil avevano espresso con una lettera inviata alla Direzione ASL ai primi di marzo: un conto è la costruzione di modalità di cooperazione e integrazione tra servizi, un altro conto è la evidente impraticabilità di una coabitazione, nella stessa struttura, delle numerose realtà associative. Tanto più che ci si trova di fronte al gravissimo problema della mancanza di personale sanitario, a partire dai Medici di Assistenza Primaria.
Per restare al coinvolgimento di Associazioni e Terzo Settore, va ben precisato per fare cosa, per erogare quali servizi, e quindi individuando le realtà di cui sia davvero utile la presenza all’interno delle Case della Comunità. Avrebbe certamente giovato, in questa situazione, aver mantenuto in vita il Tavolo Provinciale di confronto con il Terzo Settore invece che ignorarlo.
Sia CGIL che CISL e UIL hanno manifestato la disponibilità a cooperare con i propri Patronati per facilitare l’accesso a talune pratiche (come invalidità o malattie professionali), ma è ben evidente che non sia gestibile, se non altro per problemi di spazio, una compresenza di Patronati, INPS, INAIL, e Associazioni di Invalidi, per non parlare del lungo elenco delle Associazioni di pazienti.
Il rafforzamento della rete di servizi sanitari e sociali territoriali è un obiettivo storico prioritario per le Organizzazioni Sindacali, per questo ci sentiamo impegnati, anche direttamente, nel sostenere l’avvio delle Case della Comunità, ma è evidente come la priorità ora sia quella di assicurare i servizi sanitari territoriali, a partire dai Medici di Assistenza Primaria. Nel raggiungimento di questo obiettivo non aiutano né la confusione di ruoli tra ATS e ASST, con la riforma della Legge Regionale 23 confusione estesa anche ai servizi di cure primarie, né gli ostacoli frapposti da settori sindacali della professione a qualsiasi ammodernamento dell’ormai superato modello del “medico di famiglia”. Ostacoli che hanno finora impedito l’attuazione della Legge Balduzzi e stanno a tutt’oggi ritardando e rinviando l’emanazione delle norme definitive sulla presenza dei Medici nelle Case della Comunità.