Mentre crescono i bisogni di cura e riabilitazione, un “Piano locale per l’assistenza riabilitativa” dell’ATS prevede un esubero di 213 posti letto. Servono invece più servizi riabilitativi domiciliari e nelle Case e Ospedali di Comunità
Forse nessuna delle discipline sanitarie ha subito, in Lombardia, il travaglio del succedersi confuso di regole, classificazioni, modelli organizzativi che ha subito, in questi anni, la riabilitazione (1). Un labirinto di norme che regolavano accreditamento sanitario, durata dei ricoveri, standard di personale, sistema tariffario; labirinto nel quale se era difficile muoversi per gli addetti ai lavori, figuriamoci per i pazienti.
Ma ancor peggio è stata la ricerca dei confini stessi della riabilitazione, cioè di cosa si debba occupare questa disciplina. In realtà i confini erano già tracciati dalla legge 833 del 1978 - la norma che ha dato vita al Servizio sanitario nazionale - che definiva prestazioni di riabilitazione quelle prestazioni sanitarie “dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa”, prestazioni che, secondo la legge, sono erogate dalle Unità sanitarie locali insieme a “cura e prevenzione”.
Negli scorsi anni, in Lombardia, si è cercato di restringere i confini: la riabilitazione si sarebbe dovuta limitare a quei casi in cui il paziente “torna sano”. Escono cioè dall’orizzonte della riabilitazione i casi di quei pazienti per i quali è esclusa una completa guarigione. È il caso dei pazienti cronici, dei pazienti anziani con perdita di capacità fisiche e sensoriali. Per loro vengono creati canali separati (“di mantenimento”, “cure intermedie”…). Bisognerà aspettare un po’ di anni perché Regione Lombardia si renda conto di fenomeni come la cronicità e l’invecchiamento.
Su questi temi l’ATS di Bergamo ha recentemente pubblicato il documento “Piano locale per l’assistenza riabilitativa” che si apre proprio con la presentazione del quadro demografico ed epidemiologico della popolazione bergamasca fortemente caratterizzato dal fenomeno dell’invecchiamento e dell’alta incidenza della condizione di cronicità (“più di un terzo della popolazione degli assistiti bergamaschi presenta almeno una condizione di cronicità”. Un contesto, quindi, in cui c’è e ci sarà un bisogno crescente di cure, di riabilitazione e di prevenzione.
Meraviglia, perciò, che il “Piano locale” calcolando il “fabbisogno” di posti letto in provincia di Bergamo, a fronte di una attuale dotazione di 781 posti letto “sanitari” stimi in 568 il fabbisogno, prevedendo quindi una riduzione di 213 posti letto, un taglio di ben il 27%. Una previsione di fabbisogni in netto contrasto con il quadro demografico ed epidemiologico presentato nelle prime pagine del Piano e con la quotidiana esperienza di pazienti e loro familiari.
Bisogna ricordare, però, che oltre ai posti letto “sanitari” esiste una rilevante quota di 236 posti letto “sociosanitari”, cioè posti letto riabilitativi funzionanti in RSA e Fondazioni. Per dare un quadro più completo della complessa situazione vanno considerate anche la tipologia di proprietà e di classificazione sanitaria: dei 781 posti “sanitari”, 204 (26%) sono delle strutture pubbliche (le tre ASST), mentre 577 (75%) sono delle strutture sanitarie private accreditate. Considerando anche i posti “sociosanitari” il totale arriva a 1.081 posti letto di riabilitazione di cui la parte pubblica è solo il 19%.
Rispetto alla classificazione sanitaria, nelle strutture degli ospedali pubblici 175 posti letto (86%) sono di “riabilitazione specialistica”, cioè la tipologia che richiede un più elevato impegno assistenziale; 24 posti letto (12%) sono di “riabilitazione generale e geriatrica” e 2 posti letto (1%) sono di “riabilitazione di mantenimento” cioè le due tipologie che richiedono un minor impegno assistenziale misurato in ore di lavoro del personale.
Poco diversa è la situazione nella sanità privata: 464 posti (80%) di riabilitazione specialistica, 99 (17%) di generale e geriatrica e 2 (0,3%) di mantenimento.
Come è evidente, sia nell’ospedalità pubblica che in quella privata, l’orientamento delle Aziende è stato indirizzato in modo nettamente prevalente verso i settori a maggior impegno assistenziale e tecnico. Completamente al contrario è la situazione nelle strutture sociosanitarie (RSA e Fondazioni) dove su 236 posti letto solo 20 posti sono di riabilitazione specialistica (8,5%) mentre 106 (44,9%) sono di generale e geriatrica e 110 (46,6%) di mantenimento. In pratica è il settore sociosanitario (al 100% del privato sociale) a farsi carico della popolazione a maggior tasso di cronicità.
Risulterebbe quindi assai più rispondente al fabbisogno una ridistribuzione dei posti letto tra le tre tipologie prevedendo, invece che un taglio di 213 posti letto, un potenziamento delle due tipologie di riabilitazione, generale-geriatrica e mantenimento, destinate ad affrontare l’atteso aumento di cronicità e invecchiamento.
L’operazione di calcolo del “fabbisogno” attuata dividendo aritmeticamente per 365 il totale annuale delle giornate di ricovero non solo non tiene in alcun conto la tendenza demografica ed epidemiologica, ma anche che ancora nel 2023 non si è recuperato il crollo di ricoveri durante la pandemia COVID: i ricoveri specialistici del 2023 sono stati 2.528, mentre nel 2018 erano 3.677 con un calo, solo nel 2020 di ben il 39%.
Dal “Piano locale” emergono altri numerosi aspetti su cui varrebbe le la pena di riflettere e prendere decisioni assennate: un forte sbilanciamento territoriale tra zona e zona, sia nel numero di ricoveri che nel numero di interventi domiciliari o ambulatoriali, la netta prevalenza degli interventi riabilitativi per disturbi del sistema osteomuscolare e connettivo (44,7%), delle malattie del sistema nervoso (31%), dei disturbi del sistema circolatorio (10,2%) e dell’apparato respiratorio (7%).
In questo contesto servirebbe un forte potenziamento dei servizi ambulatoriali e domiciliari. “La casa primo luogo di cura” dice il PNRR: per questo servirebbe davvero dare un’accelerazione alla partenza di Case di comunità e Ospedali di comunità, strutture nelle quali è previsto che debbano trovare posto servizi riabilitativi territoriali, così come servizi di medicina generale. Invece che generare allarmi parlando di esuberi e posti in eccesso si sarebbero dovute presentare proposte coerenti con il quadro epidemiologico descritto e con le indicazioni del PNRR.
Ma, come mancano medici e infermieri, mancano anche fisioterapisti e logopedisti. Purtroppo è difficile essere ottimisti: di recente in una delle tre ASST è terminato il corso per fisioterapisti; della ventina di partecipanti uno solo ha scelto di restare a lavorare nell’ASST, tutti gli altri hanno scelto di passare all’attività libero-professionale. O si rende più appetibile e gratificante il lavoro nel servizio pubblico, o sempre più la sanità sarà un servizio per chi può permetterselo.
Note
- Lungodegenza, riabilitazione specialistica, riabilitazione generale e geriatrica, riabilitazione di mantenimento, posti sub-acuti, posti post-acuti, cure intermedie, posti sanitari, posti sociosanitari … una classificazione in cui la divisione tra una categoria e un’altra è difficile se non impossibile da tracciare in modo netto
Bergamo, 9 gennaio 2025.
(or amb)