La SLC CGIL di Bergamo denuncia un ulteriore peggioramento delle condizioni di lavoro e, di conseguenza, della qualità del servizio negli uffici postali della provincia: organici ridotti al minimo, sportelli chiusi, dipendenti costretti a coprire più mansioni. Tutto il peso delle inefficienze aziendali ricade sulle spalle di pochi lavoratori.
Gravi le condizioni negli uffici periferici, dove spesso rimane un solo operatore. Il direttore è costretto a fare il factotum, mentre lo sportellista viene spostato altrove per coprire altre sedi, con tutti i disagi che questo comporta.
Sempre più lavoratori, in particolare consulenti finanziari e direttori, chiedono il demansionamento: un segnale di come responsabilità e pressioni aumentino ogni anno, mentre le retribuzioni restano ferme e ben al di sotto di attività equivalenti sul mercato, spesso anche meno qualificate.
«Poste ha smesso di investire sul personale. Sappiamo che il numero delle assunzioni dipende dalla sede centrale, non dalla filiale di Bergamo. Ma la filiale deve farsi portavoce con forza delle esigenze del territorio: servono assunzioni immediate e consistenti. C’è già una lista di portalettere idonei a diventare sportellisti, ma l’azienda continua a rimandare, aggravando la crisi» – dichiara Alessandro Esposito, SLC CGIL Bergamo.
«Anche i direttori degli uffici più grandi sono sempre più spesso costretti a stare allo sportello, a occuparsi di offerte commerciali e a coprire mansioni che non dovrebbero spettare a loro, anziché svolgere il proprio ruolo di coordinamento e gestione.»
A Bergamo mancano oltre cento lavoratori negli organici. Dal 1° ottobre ne verranno stabilizzati soltanto sei: un dato che parla da sé. Non è possibile garantire così un servizio essenziale.
«Chiediamo condizioni di lavoro dignitose e un servizio all’altezza dei cittadini bergamaschi» – conclude Esposito.