Nella provincia di Bergamo sono circa 1.500 i lavoratori del comparto delle telecomunicazioni ad attendere il rinnovo del loro contratto nazionale, scaduto più di un anno fa. Circa 700 sono operativi nei call center disseminati sul territorio, gli altri in grandi aziende del settore come Tim, che qui conta 250 dipendenti, e Wind, con una cinquantina di persone in organico. Per questo mese è atteso l’avvio delle trattative con la controparte Asstel. Per l’approvazione delle richieste sindacali contenute nella piattaforma unitaria sul territorio orobico si sono tenute nelle scorse settimane circa 20 assemblee.
“La richiesta salariale che avanziamo è di 260 euro lordi nel triennio 2023-2025” ha riferito Lorenzo Martinelli della segreteria provinciale della SLC-CGIL. “Richiediamo anche l'introduzione di ulteriori permessi retribuiti al fine di ridurre l'orario di lavoro e l’istituzione di una sanità integrativa di settore”.
“Il consenso espresso dai lavoratori alla piattaforma è stato superiore al 95%” ha proseguito il sindacalista. “Tutto questo in un momento molto complicato per il comparto visti i margini sempre più bassi dei grandi player e la fragilità sistemica dei call center dove le corse al massimo ribasso sul costo nel lavoro negli appalti sono all'ordine del giorno”.
“Peserà indubbiamente sulla trattiva e sul rinnovo quanto sta accedendo in Tim, tenendo conto che su 120mila addetti delle TLC in tutto il Paese circa 40mila sono dipendenti di questo gruppo, oltre ai lavoratori dei call center esterni e delle imprese installatrici che a Tim fanno riferimento e che permettono all’azienda di mantenere una leva decisionale molto forte al tavolo del rinnovo” commenta Martinelli. “In Tim è in corso quella che possiamo considerare l’ultima fase di un processo iniziato con le privatizzazione della fine degli anni Novanta. La suddivisione tra la parte di rete e quella dei servizi sarà resa effettiva fra tre mesi esatti, quando la proprietà della rete passerà al fondo statunitense KKR e per il 10% a un fondo sovrano emiratino. Una scelta che nessun altro operatore europeo ha fatto e che determinerà gravissimi problemi di sostenibilità (e immaginiamo di esuberi) su servizi, assistenza, progettazione della vendita, marketing. Il debito dell’azienda è talmente elevato da non essere più sostenibile. Si vende così la parte più pregiata dell’azienda, lasciando l’altra, quella dei servizi, in balia di un mercato che verosimilmente la affosserà”.