Da tre anni e tre mesi hanno concluso il loro contratto, acquisendo il diritto a percepire il TFR. Eppure, della loro legittima liquidazione non hanno ancora ricevuto nemmeno un euro: è il caso di due donne dipendenti della Fondazione Boselli di San Giovanni Bianco (una ex IPAB) fino al dicembre 2019. La signora Dorina attende l’erogazione di circa 10.000, mentre alla signora Elia ne spettano circa 20.000 euro.
“A proposito delle liquidazioni di dipendenti dello Stato, enti locali, sanità e scuola pubblica, ma anche istituti scolastici privati paritari, abbiamo seguito però casi ancora più eclatanti. Ricordo la vicenda (ormai per fortuna chiusa) del dipendente di un Comune che ha ricevuto la propria liquidazione a distanza di circa quattro anni dal pensionamento. E si trattava di una cifra ben più alta, attorno ai cinquantamila euro” spiega oggi Emmanuele Comi, responsabile dell’INCA CGIL di Bergamo, che già nel settembre del 2021 aveva denunciato il fenomeno delle lunghe attese per queste categorie di lavoratori. “Al momento abbiamo 40 pratiche registrate su questa materia, anche se almeno altrettante sono le persone che abbiamo seguito nel recente passato o che ci hanno scritto per ottenere informazioni”.
Dal momento della cessazione del proprio contratto (per pensionamento o per conclusione del rapporto di lavoro) il tempo limite per erogare il TFR o il TFS nel settore pubblico è di 24-27 mesi. Se ci sono ritardi, l’INPS (ufficio gestione TFS/TFR per gli ex dipendenti pubblici) alla fine deve pagare la quota spettante ma anche erogare interessi sul ritardo.
“Dal 2021 si è registrato però un progressivo aumento dei mesi d’attesa, in particolare a seguito dell’affidamento della competenza di questo tipo di pratiche al polo specialistico INPS di Como” prosegue Comi. “Prima di allora, quando era l’INPS di Bergamo ad essere competente per le erogazioni, le somme dovute arrivavano a scadenza entro, al massimo, i 27 mesi previsti”.
L’INCA, insieme alle due categorie sindacali della Funzione Pubblica e della Scuola CGIL rivolgono, dunque, “un appello urgente all’INPS regionale e al polo centrale INPS di Como affinché si risolva prima possibile il nodo delle lungaggini che stanno danneggiando in maniera seria lavoratori e neo-pensionati, privandoli di cifre su cui pensavano di poter contare”, scrivono le tre sigle CGIL, unitariamente.
“Riteniamo questa situazione inaccettabile, anche perché si aggiunge a circostanze già inique per i lavoratori pubblici che devono attendere comunque due anni prima di vedersi accreditato sul proprio conto corrente la somma relativa alla liquidazione. Se volessero ottenerla anticipatamente devono richiedere un prestito con tanto di interessi proprio allo stesso ente che ha l’onere di erogare il TFS/TFR, cioè l’INPS” sottolinea Roberto Rossi, segretario generale della Funzione Pubblica CGIL di Bergamo.
“Questo è l’ennesimo esempio di come, anziché investire nel pubblico impiego, si facciano ancora danni economici ai lavoratori” aggiunge Fabio Cubito, segretario generale della FLC-CGIL provinciale, la categoria dei lavoratori della scuola. “Negli anni è stato ulteriormente depotenziato l’ufficio pensioni dell’UST di Bergamo (ex provveditorato), scaricando la gestione delle pratiche pensionistiche alle scuole, che non formate e competenti in materia, si trovano a interfacciarsi con un applicativo software e non più con gli uffici territoriali”.