In questi ultimi mesi decine di migliaia di diffide sono state recapitate dalle ATS di alcune province lombarde, Bergamo compresa, a cittadini che a partire dal 2012 avrebbero goduto di esenzioni dal pagamento dei ticket sanitari per prestazioni ambulatoriali o farmaceutiche pur non avendone avuto il diritto secondo le procedure burocratiche regionali.
Le irregolarità sarebbero frutto di codici di esenzione in molti casi erroneamente attributi d’ufficio dall’amministrazione sanitaria, oppure di errori nella registrazione delle composizione dei nuclei famigliari e delle relative posizioni reddituali, o di difficoltà da parte di molti pensionati di districarsi nella selva di moduli e tipologie diverse di esenzione talvolta simili, ma con tetti di reddito diversi.
Sulla questione, che per la verità si protrae da alcuni anni, si sono già raggiunti importanti risultati grazie alle sollecitazioni delle organizzazioni sindacali: ad esempio prevedendo l’annullamento delle sanzioni che raddoppiano la cifra da pagare, ma anche protraendo i termini perentori per i pagamenti, e dando la possibilità per i cittadini che riuscissero a dimostrare di aver diritto ad altre esenzioni di non effettuare il pagamento.
Ora, sulla difficoltà che si trovano ad affrontare migliaia di cittadini, i sindacati dei pensionati di Bergamo scrivono una lettera aperta al direttore generale di ATS Bergamo Massimo Giupponi, al presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana e ai consiglieri regionali neoeletti nella provincia di Bergamo.
Le firme riportate in calce alla lettera sono quelle di Augusta Passera dello SPI-CGIL di Bergamo, Giacomo Meloni di FNP-CISL Pensionati e Roberto Pezzotta di UIL Pensionati provinciali.
Eccone i contenuti.
“I risultati che abbiamo fino ad ora ottenuto come sindacato sono importanti ma non sufficienti, soprattutto per l’ultima tipologia di diffide arrivate: quelle per i cittadini con pensione minima, le esenzioni E04. Infatti, molti pensionati, pur percependo pensioni particolarmente basse, di valore inferiore agli 8.263,31 euro limite annuo previsto per tale esenzione, non sono titolari di pensione ‘integrata al minimo’. Sono pensioni sostanzialmente minime, ma non formalmente tali. E qui sta l’equivoco. I loro titolari hanno richiesto, o si sono visti attribuire, una tipologia di esenzione a cui non avevano formalmente diritto e non altre di cui avrebbero avuto, invece, diritto”.
“Molti di loro quindi hanno avuto prestazioni sanitarie o farmaceutiche gratuite a cui avevano diritto, ma chieste in modo errato. Ora la richiesta dell’ATS di dimostrare la situazione reddituale degli anni interessati si scontra con la difficoltà oggettiva dei pensionati o dei famigliari a recuperare la documentazione. Infatti le dichiarazioni dei redditi di tanti anni fa (anche dieci) molte volte non sono state conservate. Non esiste alcun obbligo a farlo. In molti casi, proprio perché i redditi erano molto bassi, le dichiarazioni dei redditi non sono state nemmeno compilate. Tra l’altro, vanno richieste a cura dell’interessato all’Agenzia delle Entrate. Quindi, per capirci, migliaia di cittadini di ottanta, novanta anni ricevono dall’ATS una diffida per il pagamento di tickets sanitari o farmaceutici per gli anni a partire dal 2012. In alcuni casi le cifre richieste superano i mille euro, quasi sempre diverse centinaia. Denaro chiesto a cittadini titolari di pensioni del valore talvolta di soli 700 euro mensili”.
“Eppure – scrivono i tre sindacalisti – “esiste un modo per evitare tutto ciò. Basterebbe che Regione Lombardia e le ATS, oltre che incrociare i dati con INPS per sapere chi è titolare di una pensione integrata al minimo e chi no, avesse incrociato i dati reddituali con Agenzia delle Entrate e verificato così se i cittadini in questione avessero diritto alle prestazioni gratuite indipendentemente dalla forma con cui sono state richieste. In realtà questo modo di agire è pienamente rispondente a quanto contenuto nell’art. 18 della Legge 241 del 1990 che prevede che la pubblica amministrazione non richieda al cittadino documentazione di cui è già in possesso o sia in possesso di un'altra pubblica amministrazione”.
“Siamo contrari a forme di condono, cancellazione di cartelle o altre forme di evasione fiscale ma assolutamente favorevoli alla semplificazione e all’individuazione di forme più idonee al riconoscimento dei diritti dei cittadini” si legge in chiusura della lettera. “Se quelle prestazioni gratuite erano dovute, come tali vanno riconosciute senza ulteriori aggravi per i cittadini”.