Sul tema dei salari e della loro variazione negli ultimi anni interviene con una nota per L’Eco di Bergamo Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo. I dati che illustra e a cui fa riferimento sono quelli che si riferiscono alle retribuzioni orarie lorde degli anni 2014 e 2019 a Bergamo e in Lombardia (elaborati dalla Banca dati Across Ires Lucia Morosini CGIL Bergamo).
“Da tempo e in special modo dopo l’acuirsi della crisi dovuta alla pandemia, stiamo ponendo al centro delle agende politico e sindacale il tema del salario. I dati Ocse relativi agli ultimi trent’anni dimostrano come l’Italia, in termini di la crescita dei salari, rappresenti il fanalino di coda rispetto all’andamento delle buste paga dei principali Paesi sviluppati.
Dalla nostra banca dati, che raccoglie indicatori Istat, Inps, Bankitalia, PMI, Ocse, Unioncamere ed elaborazioni locali, abbiamo voluto estrapolare l’andamento dei compensi di due anni presi a riferimento, il 2014 e il 2019. I valori, espressi in euro, si riferiscono alle paghe orarie lorde nella nostra provincia, poi in Lombardia e infine nel resto del Paese” spiega Peracchi.
“Ora, nell’arco dei cinque anni l’incremento è stato davvero modesto. In termini assoluti gli stipendi in provincia di Bergamo si attestano a valori più bassi rispetto a quelli lombardi (ma leggermente più elevati di quelli della media nazionale). Vogliamo porre l’attenzione, in particolare, sulle paghe orarie dei laureati, di cui forniamo il dato relativo all’anno 2019: in questo caso, rispetto alla media lombarda, la differenza di compenso orario è notevole: 19,2 euro all’ora a Bergamo contro i 22,7 nel resto della regione (e ci attestiamo, pur di poco, anche sotto la media italiana!)”.
“Al netto di aiuti e sussidi, sia in termini economici che di welfare, alle fasce più fragili della popolazione più lavoro, più salario, più valore aggiunto della produzione sono il miglior investimento per fare ripartire il Paese, naturalmente accompagnato da una serie di riforme strutturali del nostro sistema” prosegue Peracchi, allargando la riflessione alla dimensione nazionale. “Le linee guida e i progetti del Next Generation EU e del PNRR provano ad andare in questa direzione. Purtroppo però le maggiori difficoltà che l’Italia riscontra su molti fronti rispetto agli altri Paesi europei si riflettono anche nelle previsioni di crescita dei salari e del reddito”.
Nel suo report sulla situazione congiunturale (23 maggio 2022, Banca dati Across Ires Lucia Morosini CGIL Bergamo) il sindacato ha segnalato come, “relativamente alle tendenze di fondo dell'economia nazionale, i valori del PIL e degli altri indici macroeconomici più importanti permangono ormai da circa 15 anni al di sotto dei risultati raggiunti nel periodo pre-crisi (2007), specie per quanto riguarda gli investimenti fissi lordi e i consumi delle famiglie. Un'eccezione importante è costituita dalle esportazioni, che continuano a trainare l'economia italiana anche mascherando le criticità strutturali osservate da molti esperti, quali il basso livello degli investimenti pubblici e privati, la ridotta capacità di una parte significativa del sistema-Paese di far fronte al cambiamento tecnologico, il progressivo declino del ruolo della grande impresa, il basso livello dei salari. A proposito di quest'ultimo aspetto – prosegue Peracchi - secondo quanto emerge dalle previsioni economiche di primavera della Commissione europea (aprile 2022), nell'intera Ue ‘si prevede che le retribuzioni dei dipendenti pro-capite aumenteranno’ nominalmente del 3,8% nel 2022 e del 3,7% nel 2023, una crescita che si prospetta però più contenuta per l'Italia: del 2,5% nel 2022, e dell'1,3% il prossimo anno. Considerato l'intero biennio, i lavoratori dipendenti italiani saranno quelli che vedranno crescere meno le loro buste paga in tutta l'Ue”.
“A causa dell'aumento del costo della vita, il reddito disponibile reale delle famiglie Ue dovrebbe diminuire del 2,8% nel 2022, nonostante le misure di compensazione per il caro-bollette varate dai vari Paesi. Guardando alle retribuzioni reali (tenuto conto, dunque, del costo della vita), Bruxelles prevede che per il 2022 faranno registrare un -2,3%, per poi risalire dello 0,6% nel 2023. In Italia, non solo il calo atteso nel 2022 è più alto della media Ue (-3,2%), ma nel 2023 si stima un'ulteriore contrazione delle retribuzioni reali dell'1%, al contrario di quanto si prevede con riferimento all'andamento generale europeo. Nella provincia di Bergamo, pur in presenza di una situazione critica in linea con quanto rilevato a livello nazionale, anche nel primo trimestre 2022 il sistema produttivo sembra lanciare segnali più incoraggianti, anche per quanto riguarda il progressivo calo, negli ultimi mesi, del ricorso agli ammortizzatori sociali. La produzione industriale, seppur in presenza di prestazioni inferiori alla media regionale, fa registrare ancora prestazioni positive, e, relativamente alle aspettative sugli ordini (valutate per il II trimestre di quest'anno), gli imprenditori - soprattutto gli artigiani - mostrano minore fiducia nella crescita della domanda interna rispetto all'evoluzione di quella estera. Per quanto riguarda l'occupazione, gli ultimi dati relativi al primo trimestre 2022 mostrano un rallentamento sullo stesso periodo dello scorso anno per quanto riguarda il commercio (-0,8%) e i servizi (-1,7%); prosegue invece il recupero dell'occupazione nell'industria (1,4%)”.