Per richiedere gli assegni di maternità, erogati dai Comuni, e di natalità, in capo all’Inps, non è necessario possedere documenti di soggiorno “di lungo periodo”: lo aveva già sancito una sentenza della Corte di Giustizia Europea il 2 settembre.
Ora, sulla questione si è espressa anche la Corte Costituzionale del nostro Paese che, riunita in camera di consiglio l’11 gennaio, ha esaminato le questioni sollevate dalla Corte di cassazione sulla disciplina del cosiddetto bonus bebè dell’assegno di maternità ritenuta lesiva del principio di eguaglianza e della tutela della maternità perché subordina la concessione dei due assegni agli stranieri extra-Ue alla condizione che siano titolari del permesso per soggiornanti di lungo periodo.
La Corte ha dichiarato incostituzionali le norme che escludono dalla concessione dei due assegni i cittadini di Paesi terzi ammessi a fini lavorativi e quelli ammessi a fini diversi dall’attività lavorativa ai quali è consentito lavorare e che sono in possesso di un permesso di soggiorno di durata superiore a sei mesi. È stata dichiarata incostituzionale anche la medesima esclusione contenuta nelle proroghe del “bonus bebè” (assegno di natalità).
Le Corte di Giustizia dell’Unione Europea aveva affermato che la normativa italiana non è compatibile né con l’articolo 34 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che prevede il diritto alle prestazioni di sicurezza sociale, né con l’articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/Ue, sulla parità di trattamento tra cittadini di Paesi terzi e cittadini degli Stati membri.
“Il pronunciamento della Corte Costituzionale segue la sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue dello scorso settembre, con la quale la norma nazionale era stata dichiarata in contrasto con il diritto dell'Unione” spiega Annalisa Colombo, segretaria della CGIL di Bergamo e responsabile dell’Ufficio Migranti del sindacato provinciale. “Alcuni casi esaminati dalla Corte sono frutto di azioni giudiziarie promosse dai territori di Bergamo e Brescia a tutela di diversi cittadini stranieri esclusi da queste prestazioni. Dopo tanti anni di battaglie, sono state riconosciute le nostre ragioni. Siamo soddisfatti”.
Le prime azioni, sia legali che informali, mosse dalla CGIL di Bergamo risalgono al 2013, quando alcuni Comuni della provincia avevano iniziato a negare l’erogazione dell’assegno di maternità alle cittadine straniere titolari di un semplice permesso per lavoro. Quegli enti locali richiedevano documenti di soggiorno “di lungo periodo”.
“Con lettere inviate ai vari Comuni li invitavamo a modificare i loro comportamenti, a nostro avviso illegittimi. Alcuni lo hanno fatto, altri no e contro questi abbiamo intentato diverse cause, che abbiamo vinto” prosegue Colombo. “Quando è stato introdotto nel 2016 l’assegno di natalità, ci siamo mossi nello stesso modo, con azioni legali contro l’Inps che, ugualmente, non riconosceva come requisito sufficiente un semplice permesso di soggiorno biennale”.
“Nel corso di questi anni, alcuni giudici del Tribunale Bergamo hanno deciso di sospendere il giudizio, rinviandolo alla Corte Costituzionale o alla Corte di Giustizia europea, appunto. Ora, dopo il pronunciamento di quest’ultima, è arrivato anche quello della Corte Costituzionale a risolvere definitivamente la questione”, conclude Colombo.
L’aver sancito questo diritto permetterà a chi ha i requisiti e ha presentato o presenta domanda di assegno di natalità (bonus bebè) per bambini nati nel 2021 di poter usufruire del contributo.
Per i nati nel 2022, poi, la misura è entrata a fare parte delle disposizioni relative al nuovo Assegno Unico.
L’assegno di maternità erogato dai Comuni è, invece, ancora in essere.