Sono passati quasi due mesi dalla loro ultima mobilitazione, ma nessuna risposta è arrivata per i lavoratori degli uffici amministrativi del Tribunale e della Procura di Bergamo. L’8 maggio avevano svolto un presidio in via Tasso, di fronte al palazzo della Prefettura, e una loro delegazione era stata ricevuta dal Viceprefetto Marisa Amabile. La protesta, dunque, prosegue, questa volta con la proclamazione di uno sciopero di due ore per martedì 9 luglio, con presidio da tenersi davanti al Tribunale di Bergamo (dalle 10 alle 12).
I motivi sono gli stessi sin dal 30 gennaio scorso, quando era partito lo stato di agitazione: un accordo modificato unilateralmente sull’orario di lavoro, ma anche una lunga (anzi lunghissima) lista di problemi, dagli stipendi non adeguati al caro vita, ai salari accessori poco remunerativi e pagati anche a distanza di anni, ai buoni pasto fermi da vent’anni (e nemmeno accettati dagli esercizi commerciali). E, ancora, problemi di sicurezza negli uffici, riqualificazioni mai ottenute, mancata formazione a fronte di continue riforme del comparto, mansioni elettorali sempre più complesse retribuite solo dopo anni, udienze che si protraggono oltre all’orario di lavoro, Fondo Unico di Amministrazione irrisorio, procedure sulle performance del personale inutili e farsesche.
“In questi due mesi, in particolare, non è giunta alcuna informazione inerente il dubbio di illegittimità dell’accordo sull’orario di lavoro che, ad oggi, è stato unilateralmente modificato dal Dirigente Amministrativo” hanno spiegato i rappresentanti dei sindacati provinciali Leopoldo Chiummo per FP-CGIL, Fabio D’Aniello per CISL FP, Francesca Mezzanotte per FLP, Antonello Solimeno per USB Pubblico Impiego, Antonella Belmonte per Confintesa FP e le RSU del Tribunale e della Procura di Bergamo.
La modifica unilaterale dell’accordo da parte della dirigenza era arrivata dopo un lungo periodo di trattativa, avvenuta nel corso del 2017 in materia di orario di lavoro. Quell’accordo era considerato da lavoratori e sindacati molto lungimirante e innovativo in materia di flessibilità: in particolare, tra le altre misure, venivano autorizzate 9 ore al mese di eccedenza oraria che potevano essere utilizzate, a ore o per l’intera giornata, entro il mese successivo.
“La Dirigenza, dopo una serie di capriole interpretative, dapprima ritenendo il plus orario ‘fuorilegge’, ha ridotto la possibilità di accumulo da nove a quattro ore, introducendo anche un limite giornaliero di 29 minuti” proseguono i sindacalisti. “Questa modifica unilaterale ha rappresentato l’evento scatenante della proclamazione dello stato di agitazione, in considerazione dell’apporto dato da tutti i dipendenti negli anni, della carenza cronica di organico, delle ispezioni subite e superate con grandissimi sacrifici e, non ultimo, della specificità di una sede falcidiata dal COVID che, anche nei momenti più bui, non ha mai chiuso. Il 22 marzo si era già tenuto un primo incontro in Prefettura, dove con le RSU avevamo chiesto e ottenuto la partecipazione di un esponente del Ministero, il Direttore dell’Ufficio IV del Ministero, il quale, tuttavia, non ha dato riposte esaustive, con atteggiamento, di fatto, dilatorio”.
In tale sede era stato promesso che da Roma sarebbe stato presentato un interpello per avere una risposta definitiva sulla legittimità o meno dell’accordo. Fino ad oggi, però, nessuna risposta è arrivata. “Al tavolo, con grande senso di responsabilità per evitare altre proteste e disagi ai servizi, avevamo preso atto di quanto detto e avevamo richiesto che la modifica unilaterale dell’accordo fosse sospesa fino alla risposta dell’interpello. La risposta è stata negativa, e da parte del Dirigente del Tribunale c’è stata totale chiusura. A quel punto ci è stato chiesto di fare un passo indietro, ma da parte datoriale nessun passo è stato compiuto, dando ancora una volta dimostrazione di mancanza di rispetto nei confronti delle regole basilari della contrattazione. Ci troviamo ora nel mese di luglio, senza novità all’orizzonte. Per questo scioperiamo”, concludono i sindacalisti.