Sull’intenzione del governo di vendere altre quote azionarie di Poste Italiane si è ripetutamente espressa in maniera negativa la SLC-CGIL, la categoria sindacale che rappresenta i lavoratori postali. Il timore più grande è che si snaturi la vocazione universalistica del servizio, penalizzando le aree più isolate d’Italia. Il sindacato si è detto “contrario a ulteriori svendite di un’azienda che assume una funzione sempre più importante per la crescita e la coesione sociale nel Paese”. Per sabato 18 maggio, alle ore 10.00, di fronte alla Prefettura di Milano in largo 11 settembre è previsto un nuovo presidio di protesta organizzato da diverse sigle sindacali. Parteciperà anche una delegazione da Bergamo.
“Quello che temiamo è che l’ulteriore privatizzazione si tramuti in un taglio del personale. E questo malgrado si sia in presenza di una carenza di organico costante, che porta a utilizzare in maniera consistente il lavoro straordinario o i distacchi di operatori da un ufficio all’altro”, è tornata a dire Marisa Adobati della SLC-CGIL provinciale (e in passato, per anni, lavoratrice di Poste).
L’organico carente crea un forte disagio ad esempio nel comparto della sportelleria, che – sottolinea Calogero Aronica, un’esperienza di più di trent’anni in Poste Italiane e ora al lavoro nell’ufficio postale di via Corridoni, dove è anche RSU della CGIL – “gestisce una grande quantità di servizi, in costante trasformazione, da quelli tradizionali, classici, fino ai prodotti evoluti e pregiati, dai buoni postali, all’apertura di carte prepagate, il che significa stipulare contratti veri e propri, impegnativi e lunghi. Siamo persino entrati nel mondo dell’energia con contratti allo sportello e ci occupiamo anche del primo aggancio per la stipula delle assicurazioni. Ed ora, anche se solo per alcuni specifici uffici, si prevede di rendere operative alcune pratiche dell’anagrafe pubblica, tra carte identità e passaporti”.
“A fronte di questa variegata attività per la quale, senza adeguata formazione né aggiornamento, ci si deve arrangiare, dobbiamo fare i conti, oltre che con poco personale, anche con il frequente malfunzionamento di hardware obsoleti che si inceppano nel mezzo delle operazioni e fanno perdere tempo” aggiunge il lavoratore RSU. “In genere in banca, di fronte ad attese e lungaggini, i cittadini restano zitti e aspettano, in Poste invece la gente si arrabbia con il personale, e urla. Per questo siamo scoraggiati, e con la privatizzazione temiamo il peggio: perché intuiamo che potrebbe preludere allo scorporo dell’azienda, con la sportelleria e i servizi finanziari più pregiati che si trasformeranno in banca, mentre ci chiediamo per il recapito, che è attività in difficoltà, che fine faranno lavoratori e modalità di lavoro”.