Malgrado due pareri amministrativi negativi da parte dell’INPS, l’INCA CGIL di Bergamo ha deciso di non desistere e di portare fino in tribunale la vicenda di una studentessa universitaria lavoratrice che si era rivolta al patronato.
Dopo il decesso della madre, la ragazza (in corso legale di laurea) aveva chiesto aiuto al patronato INCA per vedersi riconoscere il diritto alla contitolarità della pensione ai superstiti, quindi alla reversibilità, che l’INPS le aveva negato.
“Il motivo era che la ragazza aveva svolto un’attività lavorativa part time per pochi mesi presso una scuola dell’infanzia, percependo un reddito di poco meno di 4.000 euro che, secondo l’interpretazione dell’Istituto, la rendeva economicamente autonoma e le faceva quindi perdere lo status di studentessa universitaria”, spiega Emmanuele Comi, direttore dell’INCA di Bergamo. “Di fatto, per quella piccola attività lavorativa, peraltro svolta quasi interamente prima del decesso della madre, le veniva rigettata la domanda di pensione di reversibilità perché per l’INPS il reddito, riparametrato al periodo di lavoro, era stato sufficiente a rendere la figlia orfana autonoma dal punto di vista economico. Non concordando con l'interpretazione della sede INPS di Bergamo, abbiamo presentato un ricorso amministrativo, ma è stato respinto dal Comitato Provinciale INPS. A quel punto, allora, abbiamo avviato una causa con l’assistenza legale dello studio Messi”, prosegue Comi.
Il Giudice ha accolto il ricorso dell’INCA dichiarando il diritto della figlia orfana a percepire la quota di contitolarità della pensione ai superstiti e condannando l’INPS alla refusione delle spese di lite.
Nella sentenza si legge infatti che “il criterio che prevede la riparametrazione del limite di reddito (8.481,94 euro per il 2017) sul periodo di svolgimento dell’attività lavorativa (5 mesi) danneggia i figli studenti che svolgano lavori saltuari. [...] Solo riparametrando il limite reddituale sui cinque mesi la figlia del ricorrente supera il limite, ma ciò si pone in contrasto con la Sentenza n. 42/1999 della Corte Costituzionale (pur richiamata nelle circolari INPS) che impone di valutare l’incidenza del valore prodotto dal reddito da lavoro sulla condizione generale di figlio orfano e studente. [...] Pur volendo ammettere la tesi della necessità della riparametrazione del reddito, tale operazione andrebbe comunque effettuata su base annua e non ‘riparametrato al periodo di svolgimento dell’attività lavorativa’”.
“Di fatto – prosegue Comi – la sentenza sconfessa il Messaggio 2758/2016 dell’Istituto, sulla base del quale l’INPS di Bergamo aveva provveduto a rigettare la domanda di ricostituzione della reversibilità. Malgrado due pareri amministrativi negativi, abbiamo insistito e abbiamo avuto ragione”.