Il fenomeno si va diffondendo tra le RSA del territorio provinciale e crescono le perplessità e le preoccupazioni di lavoratori e sindacati: anche la Fondazione Casa Serena onlus di Brembate Sopra ha deciso di procedere con l’esternalizzazione del proprio personale e dal 1° giugno “cederà” tutti i suoi 140 lavoratori a una Cooperativa Sociale.
“Ad essere destinati al passaggio di gestione sono tutti i servizi della RSA, dalle cosiddette Cure Intermedie al nucleo Alzheimer, ai servizi sul territorio di RSA Aperta, SAD, UCP-DOM, ambulatori fisioterapici” sottolineano Ingalill Nordli di FP-CGIL, Caterina Dezio e Giovanna Bettoni di CISL-FP di Bergamo. “La direzione della Fondazione ha motivato l’esternalizzazione con l’urgente necessità di ristrutturazione dell’edificio e con la costruzione ex novo di una palazzina all’interno del Parco adiacente a Casa Serena. Questi importanti interventi sono stati definiti troppo onerosi per la RSA per la quale, a seguito della cessione del personale, sarebbe più facile accedere ai finanziamenti necessari per la realizzazione delle opere (almeno secondo la direzione). Al momento però non ci risulta che la Fondazione sia in possesso delle autorizzazioni necessarie per essere vicina all’inizio dei lavori”.
Durante l’ultimo incontro del 10 maggio le organizzazioni sindacali avevano avanzato una proposta di mediazione chiedendo di convergere su un distacco temporaneo dei lavoratori, quanto meno fino alla certezza del rilascio delle varie autorizzazioni necessarie, della disponibilità del credito e fino all’inizio lavori. La Fondazione però ha ribadito la propria decisione, rigettando la proposta dei sindacati. Per questo FP-CGIL e CISL-FP con le RSU hanno proclamato uno stato di agitazione nella RSA.
Per tentare la via di una conciliazione, le parti sono state convocate in Prefettura il 16 maggio alle ore 9.00.
“Purtroppo per ora assistiamo, insieme a tutte le persone che abitano Casa Serena e che vi lavorano, al procedere della rimodulazione e della riorganizzazione di questa RSA: da fiorente ed eccellente ente pubblico fino al 2014, a ente privato con il passaggio a Fondazione, fino a diventare ora un ente con lavoratori dipendenti di altra società” aggiungono le tre sindacaliste. “All’interno della Fondazione sono molte le figure professionali della cura e dell’assistenza che svolgono per il territorio locale una preziosa funzione: persone che hanno sempre dato il meglio in condizioni spesso proibitive e con sempre meno risorse, sia fisiche e soprattutto economiche. Infatti, dopo la sospensione di premi e di progressioni di carriera da oltre 6 anni, misure che il personale ha sempre accettato per le manifestate difficoltà economico-finanziarie della Fondazione, ora arriva per tutti loro il colpo di grazia con il benservito. Nessuna delle 140 persone soggette alla cessione in appalto se lo merita”.
“In generale sottolineiamo che si tratta di fondazioni costituite come Onlus, cioè Organizzazioni Non Lucrative di Utilità Sociale, una qualifica rilevante ai fini fiscali, per soggetti che svolgono attività con finalità esclusive di solidarietà sociale, quindi enti ‘senza scopo di lucro’”, aggiungono Nordli, Dezio e Bettoni. “Per questo godono di condizioni agevolate per imposte sui redditi, imposta sul valore aggiunto (IVA) e per altre imposte indirette. Negli ultimi tempi, però, a fronte delle difficoltà economico-finanziarie in cui versano, le Fondazioni non hanno fatto altro che aumentare le rette a carico delle famiglie degli ospiti e disfarsi del costo del personale, cedendolo ad altri”.
“Ci chiediamo quale impatto avrà sul lavoro e sulla qualità dei servizi offerti la cessione dei propri dipendenti. Come può il personale fidelizzarsi ed essere motivato a rimanere legato ad un posto di lavoro di cura e assistenza nel quale il datore di lavoro cambia con questo grado di facilità?”, concludono le tre sindacaliste.
Ricordiamo che lo scorso 2 maggio FP-CGIL e CISL-FP erano intervenute esprimendo preoccupazione a proposito della decisione della Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus di Almenno San Salvatore di dare in appalto il servizio di ristorazione con i suoi lavoratori, alcuni dei quali dipendenti diretti da oltre trent’anni.