La parola d’ordine ormai è “risparmiare”, la priorità è sempre contenere le spese. Così nelle case di riposo della provincia di Bergamo ai lavoratori non resta che “dare di più” pur essendo “numericamente sempre di meno”, tra pesanti carichi di lavoro, carenza di organici e problemi irrisolti lasciati in eredità dalle fasi più dure della pandemia.
Ad Almenno San Salvatore la Fondazione Giovanni Carlo Rota Onlus ha appena deciso di dare in appalto il servizio di ristorazione con i suoi 8 addetti, alcuni dei quali dipendenti diretti da oltre trent’anni, cioè da quando la Fondazione era ancora un Ente Pubblico. Passeranno a un’altra società.
“Assistiamo a un’esternalizzazione che produrrà un peggioramento contrattuale soprattutto per chi è da più tempo nell’ente, passato dall’essere dipendente pubblico a dipendente privato” hanno commentato Ingalill Nordli di FP-CGIL e Katia Dezio di CISL-FP di Bergamo. “Questi lavoratori perdono le tutele e i diritti normativi di un contratto collettivo pubblico, non garantiti da uno del settore privato. Uno degli otto operatori, poi, è stato trasferito verso un’altra struttura residenziale, gestita dalla stessa società subentrante, in un centro urbano limitrofo”.
A nulla sono valse le richieste formulate ripetutamente dalle organizzazioni sindacali alla Presidenza e al Consiglio di Amministrazione della Fondazione. “Prima abbiamo chiesto di applicare l’istituto del distacco dei lavoratori interessati e, successivamente, in fase di mediazione, di mantenere l’applicazione del Contratto nazionale Enti Locali a chi veniva già applicato. E invece da oggi le cinque lavoratrici e i tre lavoratori non saranno più dipendenti della Fondazione Rota”.
Le rappresentanze di FP-CGIL e CISL-FP non hanno sottoscritto l’accordo per la cessione. La neoeletta RSU della Fondazione, che ha sempre espresso parere contrario all’esternalizzazione, non ha partecipato all’incontro dello scorso 27 aprile, “in segno di dignitosa e silenziosa protesta. C’è molto sgomento fra il restante personale che esprime tutta la solidarietà ai colleghi ceduti alla società subentrante” proseguono le due sindacaliste.
“La Fondazione Rota, così come tutte le altre fondazioni, operando in regime di accreditamento con il Servizio Sanitario Regionale, riceve finanziamenti pubblici da Regione Lombardia ed eroga servizi e prestazioni in nome e per conto del Sistema Sanitario Nazionale. Per noi non è accettabile che all’interno di questo sistema si facciano perdere ai lavoratori diritti normativi in virtù del risparmio e del contenimento dei costi” aggiungono Nordli e Dezio, che concludono con una riflessione generale sul settore: “All’interno delle Rsa i problemi sembrano non terminare mai e le soluzioni che le fondazioni riescono ad individuare sono perlopiù di due tipi: scaricando tutto sulle lavoratrici e sui lavoratori oppure sugli ospiti residenti e le loro famiglie. La pandemia, la carenza di personale, gli aumenti dei costi energetici e delle forniture hanno sicuramente contribuito a mettere in difficoltà economico-finanziarie le fondazioni, ma l’assistenza e la cura assicurate dai lavoratori agli ospiti residenti e agli utenti che vi accedono non sono mai venute meno, anche nei momenti più difficili. Se all’interno di queste strutture si sono continuati a garantire gli standard di assistenza e cura dobbiamo ringraziare loro”.