A marzo dell’anno scorso, nel pieno della seconda ondata COVID, le ore di cassa integrazione autorizzate dall’INPS per la provincia di Bergamo furono 11 milioni e mezzo, all’82% per cassa ordinaria COVID, per il 17% cassa in deroga e il rimanente 1% cassa straordinaria.

A distanza di un anno le cose sono molto cambiate: invece di 11,5 milioni le ore sono diventate 470mila, cioè il 96% in meno; l’82% stavolta è della cassa straordinaria, mentre l’ordinaria è scesa al 15,5% e la cassa in deroga al minimo dell’1,9%. Bastano questi numeri per comprendere il netto cambiamento: netto ridimensionamento della causale COVID per le casse ordinaria e deroga, e risalita della cassa straordinaria, soprattutto per riorganizzazione e crisi. In più va notato che le 388mila ore di cassa straordinaria si dividono tra Trasporti (80%, per lo più trasporto persone e autonoleggio) e Commercio al minuto (20%), nulla per i tradizionali settori portanti del manifatturiero bergamasco. Le 73.025 ore di cassa ordinaria sono per 65% destinate alla meccanica e per il resto prevalentemente all’edilizia, ma sempre per un numero di ore ridottissimo. Evidentemente i temuti effetti della crisi per carenza di materie prime e aumento dei costi energetici ancora non si sono manifestati.

In calo anche l’utilizzo dei Fondi di solidarietà che scendono, a livello regionale lombardo, del 10% (da 1.975.040 ore a febbraio, a 1.768.456 a marzo).
I dati INPS segnalano anche la diminuzione dell’effettivo utilizzo delle ore di cassa integrazione autorizzate (dal 45% si scende al 38,6%) e, a livello regionale lombardo, una diminuzione dell’1% dell’accesso all’indennità NASPI per la disoccupazione.
Se non si ascoltassero le notizie quotidiane da radio, tv e giornali parrebbe di essere fuori dai guai.