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Peracchi (CGIL): "Una forzatura attribuire i cambiamenti nel mondo del lavoro all'RDC. Il reddito di cittadinanza va migliorato, ma è uno strumento importante"

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Continua ad imperversare la polemica che attribuisce la difficoltà di reperimento di mano d’opera, specialmente nel settore del commercio e turismo, al reddito di cittadinanza.

L’ultimo post che mi è balzato agli occhi, anche se non è il più recente, è quello di un pizzaiolo di Dubai che scrive che lì non ci sono problemi ad assumere, proprio perché il reddito di cittadinanza non esiste.
Ci sarebbe dunque un nesso di causa effetto inconfutabile, secondo i sostenitori di questa balzana tesi.
Personalmente ritengo il reddito di cittadinanza uno strumento che va decisamente riformato, colmando le lacune che riguardano la parte di politiche attive del lavoro e i controlli per perseguire i truffatori, che innegabilmente esistono. Il RDC, inoltre, non ha funzionato per accompagnare gli indigenti da una fase di povertà alla possibilità di autodeterminarsi economicamente attraverso un lavoro, possibilmente decente.
Insomma bisogna cambiarlo per renderlo uno strumento che aiuti chi è povero ad uscire da questa condizione, e non a mantenerla tale in eterno.
In compenso è stato ed è un aiuto indispensabile, insieme ad altri sussidi e servizi, per le numerose persone in condizioni di  grave e gravissima marginalità che difficilmente, almeno nel breve e medio periodo, potranno reinserirsi in modo proattivo nella società che produce.
Ma non si può affermare che i giovani o, più in generale, le persone disoccupate rifiutino sistematicamente il lavoro per il RDC o per la Naspi, salvo situazioni particolari in cui sussidi e nero si mescolano illecitamente. Almeno non nella nostra provincia.
A marzo 2022 i nuclei familiari percettori di RDC erano 5.065, per un totale di 11.053 persone interessate. L’importo medio percepito era di 508,65 euro, il terzo più basso in regione, dopo Sondrio e Lecco.
Sempre come numero di percettori siamo quinti in regione dopo Milano, Brescia, Varese e Pavia (ovviamente bisogna tenere anche conto della popolazione di ogni provincia).
Immaginiamo per un momento che gli 11.053 siano tutti, tutte persone in età da lavoro. Si tratterebbe dell'1,55% della popolazione bergamasca tra i 14 e i 65 anni. Anche seguendo il ragionamento dei peggiori detrattori del RDC sostenere che questo sia il tappo che impedisce le assunzioni in bar, magazzini e ristoranti mi sembra davvero una teoria improponibile (per usare un eufemismo).
L’accettazione di offerte di lavoro passa innanzitutto dall’offerta di una congrua remunerazione, da condizioni di lavoro dignitose e, perché no, da prospettive di continuità che per un giovane sono altrettanto importanti quanto lo stipendio, ferma restando la libertà di scelta nello sviluppo professionale del suo domani.
Il fenomeno delle dimissioni di massa volontarie di oggi e della difficoltà di reperimento di alcune figure lavorative quindi è più complesso ed articolato di quanto si immagini. Salari bassi, ma anche un cambiamento nella percezione del senso del lavoro stesso tra le nuove generazioni e quelle che le hanno precedute.
È un fenomeno che si è manifestato con maggiore evidenza dopo la pandemia ed è un problema che, senza voler fare troppa filosofia e pedagogia, va indagato comunque con estrema attenzione e non certo con facili, e peraltro sbagliate, banalizzazioni.

Via Garibaldi, 3 - 24122 Bergamo (BG)

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