La morte di Lorenzo Parelli, caduto sotto il peso di una trave nell’ultimo giorno del suo stage a Udine, ha suscitato sdegno, cordoglio e ha riacceso un impegnativo dibattito sull’istituto alternanza scuola-lavoro.
La prima considerazione che mi sento di fare è che questo infortunio mortale, che si inserisce in una lunga e triste strage di morti sul lavoro, è forse ancora più grave perché la scuola, soprattutto nei momenti di intreccio con il mondo del lavoro, dovrebbe essere il luogo deputato per antonomasia a costruire una cultura della prevenzione e della sicurezza.
È per questo che la morte dello studente diventa ancora più emblematica. Non penso, diversamente da altri, che l’istituto dell’alternanza sia di per sé sbagliato. Certamente deve essere meglio governato e migliorato, ma rimane uno strumento, come altri, di avvicinamento dei percorsi educativi al mondo del lavoro.
Ovviamente mi riferisco alle esperienze più virtuose e non certo a eventuali situazioni in cui l’alternanza o gli stage diventano veri e propri strumenti per sfruttare l’attività dei più giovani.
Anche a Bergamo cerchiamo di monitorare il corretto utilizzo dello stage al fine di segnalare eventuali distorsioni del suo utilizzo.
Bene hanno fatto gli studenti a scendere in piazza per protestare rispetto a questo drammatico evento. Una protesta ideale e giusta che rientra nella mobilitazione più generale contro gli infortuni sui luoghi di lavoro.
A Bergamo la manifestazione si è svolta pacificamente, grazie al senso di responsabilità degli organizzatori e alla professionalità delle forze dell’ordine. Altrove si sono verificati, purtroppo, tafferugli e incidenti.
Personalmente credo, fermo restando in via generale l’apprezzamento dell’operato della polizia, si potesse evitare di ricorrere ai manganelli. Il diritto di manifestare, secondo regole condivise e comportamenti civili, è un diritto fondamentale. Ne abbiamo viste di tutti i colori con le manifestazioni dei non vax. Forse qualche esuberanza di troppo, ammesso ci sia stata, poteva essere contenuta senza ricorrere a metodi cruenti.
Gianni Peracchi
Segretario generale della CGIL di Bergamo