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Formazione iniziale dei docenti, l’appello di Proteo Fare Sapere al ministero: “Aprire confronto vero”

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“La formazione iniziale degli insegnanti sia al più presto oggetto di un confronto allargato, per avviare un cambiamento più che mai necessario per il futuro della scuola”: lo chiedono, con un appello al ministero dell’Istruzione e alle forze politiche, quattro associazioni nazionali che si occupano di formazione dei docenti, che si dicono “estremamente preoccupate del modo in cui si sta conducendo il dibattito”.

Si tratta di Proteo Fare Sapere, del Centro Iniziativa Democratica Insegnanti (CIDI), del Movimento di Cooperazione Educativa (MCE) e dell’Associazione Italiana Maestri Cattolici (AIMC).

Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede la riforma della formazione iniziale per gli insegnanti della scuola secondaria. Eppure, sottolineano le quattro associazioni firmatarie dell’appello, “non è mai stato avviato un dibattito organico con il mondo della scuola, con le organizzazioni sindacali, le associazioni professionali e le università”.

“Non è tollerabile che mentre aumentano le critiche sulla scarsa competenza dei docenti e sulla scuola che ‘non ce la fa’, dall’altro si opera una semplificazione nelle proposte di riforma della formazione iniziale degli insegnanti” si legge nella nota congiunta. “Il messaggio che è necessario dare ai futuri insegnanti è che il tempo che dedicheranno alla loro formazione non è tempo perso, bensì la conferma tangibile dell'importanza che il Paese dà alla loro funzione sociale e culturale come agenti di cambiamento. Con il nuovo sistema di formazione iniziale dei docenti della scuola secondaria si sta scegliendo quale sarà il futuro della nostra Scuola, da cui dipende il futuro del nostro Paese e della sua stessa democrazia”.

“Sembra che i crediti formativi universitari (CFU) che si propongono come necessari per accedere all’insegnamento siano 60” prosegue l’appello. “Crediti che studenti e studentesse potranno aggiungere a quelli richiesti dalla laurea disciplinare nel corso dei 5 anni. Una proposta che, se confermata, riprodurrà la logica di una ‘formazione à la carte’ per i futuri insegnanti prevedendo che gli studenti e le studentesse scelgano individualmente, nei futuri Centri di Ateneo, una serie di esami che, per semplice sommatoria, portino al numero totale di CFU richiesto per accedere al concorso. Intanto è di questi giorni la pronuncia di organi importanti dell'Università i quali, sottolineando la necessità di porre al centro le didattiche disciplinari e pur di non modificare nulla dell’attuale assetto universitario, propongono di spostare la formazione all'insegnamento dopo il superamento del concorso. Una proposta che confonde la necessaria formazione permanente con la formazione per l'accesso alla professione e l’attività in servizio con il tirocinio professionale che non può che essere pre-ruolo. Un insegnante deve sicuramente avere una formazione disciplinare completa ma, per una scuola emancipatrice, attenta al successo formativo di ciascuno-a, alla mediazione tra i saperi formali della disciplina e il soggetto che apprende, c’è bisogno di un insegnante con competenze pedagogiche, didattiche, relazionali, epistemologiche e non unicamente disciplinari”.

“Il punto è che la capacità di gestione di una classe, l’attivazione di una pedagogia differenziata e la gestione del proprio ruolo nella complessità dell’organizzazione scolastica sono aspetti rilevanti a cui un nuovo insegnante deve dedicare tutto l’impegno e l’attenzione possibili per maturare le giuste competenze” ha commentato oggi Antonio Bettoni di Proteo Fare Sapere di Bergamo. “Per questo, con le altre associazioni, sottolineiamo quanto sia necessario un percorso di formazione dedicato all’insegnamento che coinvolga scuola e università, con un tirocinio (non confuso con il praticantato) e attività laboratoriali, che possa costituirsi come base solida per sostenere nel tempo lo sviluppo di professionisti in grado di promuovere nella scuola un approccio socio-costruttivo, di ricerca, come richiesto negli stessi documenti ministeriali. Non si operi una semplificazione nelle proposte di riforma”.

Via Garibaldi, 3 - 24122 Bergamo (BG)

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