Un contratto d’affitto che scade ad agosto e che non ha possibilità di rinnovo, con il conseguente rischio - più che concreto - di venire trasferiti a lavorare in Veneto: succede ai lavoratori della Inda di Pagazzano, azienda del comparto del settore arredo-bagno che produce vetreria e che occupa al momento 87 persone.
“Sul totale dei dipendenti, una cinquantina rischia a breve di ricevere una lettera di trasferimento che, vista la lontananza dei due siti di destinazione, che si trovano in Veneto, si tradurrebbe certamente nella perdita del posto di lavoro. Si tratta infatti di persone radicate con le loro famiglie nei territori dei comuni attorno a Pagazzano e che con fatica si trasferirebbero” hanno dichiarato i sindacalisti di FILCTEM-CGIL, FEMCA-CISL, FIM-CISL, UILTEC-UIL e UGL di Bergamo.
Dopo il blocco degli straordinari e di ogni tipo di flessibilità avviato il 17 gennaio, ora è stata definita anche la data per lo sciopero: braccia incrociate venerdì 31 gennaio per le prime due ore di ciascun turno per tutti i lavoratori, tranne quelli del primo turno che si asterranno dall'attività le ultime due ore.
Per il 10 febbraio è previsto un nuovo incontro fra le parti in Confindustria. Il precedente confronto si era svolto il 16 gennaio, quando l’azienda aveva comunicato ai sindacati la compravendita immobiliare della vetreria (assicurando così la permanenza sul territorio dei circa 30 lavoratori che lì operano) ma non del capannone dove si trovano uffici e magazzino.
“Ne consegue il trasferimento di circa 50 persone verso i siti di Bonavigo e Olmi, in Veneto” aggiungono i sindacalisti. “Nell’incontro del 16 gennaio da parte aziendale abbiamo rilevato solo chiusura e indisponibilità rispetto a un tavolo di trattativa: la direzione Inda ha detto NO all’ipotesi di attivare ammortizzatori sociali e si è detta disponibile solo a valutare politiche attive di ricollocamento del personale con esclusivo utilizzo di risorse economiche pubbliche. Inoltre Inda ha risposto con un rifiuto rispetto all’erogazione di contributi economici di buonuscita ai lavoratori che non si trasferiranno e che dunque perderanno il posto”.