Dopo oltre quarant’anni di presenza sul territorio, l’Orobica Cicli di Endine Gaiano ha annunciato il fermo dell’attività. La notizia era arrivata il 26 marzo, motivata dalla decisione di Decathlon Produzione Italia di interrompere a partire da fine maggio le lavorazioni affidate all’azienda. Da Decathlon arriva, infatti, il 95% degli ordini. Così, la direzione ha scelto di aprire una procedura di licenziamento collettivo per l’intero organico, cioè per tutti i 51 dipendenti.
“In questi anni abbiamo rimarcato ai tavoli sindacali che dipendere produttivamente da un’unica azienda avrebbe potuto esporre l’Orobica Cicli a rischi nel caso di un cambiamento di strategie commerciali da parte di Decathlon. Le nostre proposte al riguardo sono sempre rimaste inascoltate” ha spiegato Andrea Capelli della segreteria provinciale della FIOM-CGIL della Valle Camonica e Sebino.
Da subito la FIOM-CGIL aveva chiesto l’utilizzo di ammortizzatori sociali per gestire la crisi, affiancati dalla possibilità di incentivi economici su base volontaria per permettere ai lavoratori un’uscita dall’azienda in caso di ricollocazione lavorativa sul territorio.
“Le nostre richieste rispecchiano la volontà emersa dalle lavoratrici e dai lavoratori durante l’assemblea sindacale del 18 aprile “prosegue il sindacalista. “Fino ad ora, però, l’azienda non ha mai preso formalmente in considerazione l’utilizzo dell’ammortizzazione sociale per attivare le politiche attive e gestire la ricollocazione, ma ha proposto da subito solo l’uso di incentivi economici per arrivare ad un accordo di licenziamento collettivo. Riteniamo questa scelta aziendale sbagliata e di ostacolo nella ricerca di una soluzione positiva per l’occupazione e il futuro dei lavoratori”.
Alla IV Commissione Attività produttive, istruzione, formazione e occupazione di Regione Lombardia è stata chiesta un’audizione per aprire un tavolo di crisi sulla gestione della vertenza. La data fissata è quella del 9 maggio. “La FIOM-CGIL Valle Camonica e Sebino, con i rappresentati del territorio, rimarcherà all’azienda il fatto che esistono possibilità alternative alla chiusura collettiva dello stabilimento e al conseguente licenziamento di 51 lavoratrici e lavoratori” conclude Capelli.