Nella maggior parte dei casi ambiscono ad andare via, a lasciare le scuole private per entrare negli istituti pubblici, non solo per l’incertezza del posto di lavoro, ma soprattutto per gli stipendi marcatamente più ridotti che percepiscono: gli insegnanti delle scuole paritarie di secondo grado hanno buste paga con somme che davvero non ci si aspetta, dai 300 euro fino ai 650 euro lordi in meno rispetto ai loro colleghi che dipendono dal ministero dell’Istruzione.
“In alcuni casi appena sopra i mille euro netti, e senza la certezza, l’anno successivo, di vedere conservato il loro posto” spiega Fabio Cubito, segretario generale della FLC-CGIL di Bergamo. “Ecco perché la maggior parte degli insegnanti vede il lavoro nelle scuole paritarie di secondo grado solo come un’occupazione transitoria”.
Sul territorio provinciale gli istituti superiori paritari sono 49, ci lavorano 500 persone circa, nel 35-40% dei casi in maniera precaria. “È una percentuale simile a quella che troviamo nelle scuole pubbliche secondarie, mentre diversa è la situazione in altri ordini e gradi, come nelle strutture per l’infanzia, dove non c’è precarietà”, puntualizza Antonio Bettoni, referente della FLC-CGIL per le paritarie.
I contratti nazionali di riferimento sono tre, e, a seconda di quello applicato, da scuola a scuola paritaria variano le buste paga. “Si va da 1.489 euro lordi previsti dal contratto Aninsei-Confindustria, a Bergamo applicato ed esempio dalla Scuola Imiberg, dall’Istituto Aeronautico Locatelli, dalla Leonardo Da Vinci e da iSchool, ai 1.829 euro lordi del contratto Agidae applicato nelle scuole cattoliche” proseguono Cubito e Bettoni. “Un divario rispetto alle scuole pubbliche davvero marcato: i docenti della scuola statale percepiscono 2.136 euro lordi mensili. Si tratta di una differenza fino a 647 euro in meno nel caso del contratto meno tutelante, Aninsei-Confindustria, che è abbastanza diffuso. Si tenga anche conto che nelle scuole paritarie il contratto a tempo determinato dei docenti si conclude al termine delle attività didattiche il 30 giugno, in molti casi il 10 giugno”.
Sul fronte precarietà, prosegue Antonio Bettoni, “la normativa vigente prevede che tutte le scuole paritarie debbano comunicare alle organizzazioni sindacali il numero dei contratti a tempo determinato, che non può superare il 30%. Alcune scuole però convocano noi organizzazioni sindacali per chiedere di concordare una deroga a questa regola, in quanto non trovano persone abilitate, problema diffuso nel mondo della scuola in generale. Negli anni si sono modificati i meccanismi per il conseguimento del titolo per insegnare, ed è indubbio che occorra attivare percorsi abilitanti, sia per le statali che per le paritarie. Comunque, esistono anche casi estremi – pur previsti dalla legge – in cui vengono stipulati contratti di Co.co.co, dunque nemmeno a tempo determinato”.
“Come CGIL da tempo stiamo cercando di rendere omogenei i contratti delle scuole paritarie, e di farlo al rialzo, prendendo come riferimento per diritti e stipendio il contratto più favorevole dei tre” conclude il segretario generale Cubito. “Ci scontriamo, tuttavia, con la resistenza della controparte degli istituti consorziati ad Aninsei-Confindustria. Eppure un miglioramento delle condizioni contrattuali di questi docenti sarebbe un vantaggio anche per le scuole paritarie stesse, per avere più qualità e trattenere lavoratori che invece, appena possono, se vanno altrove a cercare una situazione lavorativa migliore”.
Secondo gli ultimi dati Istat disponibili che risalgono al 2021, nella provincia di Bergamo le scuole paritarie sono in totale 330, per la maggioranza dell’infanzia (221). Come già detto quelle secondarie di secondo grado – di cui ci occupiamo in questo comunicato – sono 49. In totale, frequentano scuole paritarie di ogni ordine e grado 28.563 bambini e ragazzi (di cui 16.379 nelle scuole dell’infanzia).