Notizie

Lavoratori senior, l'altro fronte della fragilità. Gli over55, l'approfondimento della CGIL di Bergamo, 120 questionari e due focus group

Tempo di lettura: 4 - 8 minuti

C’è una fragilità che attira poco l’attenzione e passa spesso inosservata nel mondo del lavoro. Eppure si va diffondendo con sempre maggiore impatto in questa fase di grandi e rapidi cambiamenti tecnologici del modo di produrre.

È un’emergenza anagrafica, correlata talvolta con un minor grado di propensione e di attitudine al cambiamento. Alla fascia di lavoratori e lavoratrici senior o convenzionalmente definiti maturi, quelli ricompresi nell’età che va dai 55 anni in poi, la CGIL di Bergamo dedica oggi un approfondimento.

Lo studio è curato da Francesco Montemurro per Ires Morosini e Across Concept di Briga, che hanno affiancato il sindacato nell’attività di interlocuzione con alcune aziende che operano nella provincia di Bergamo, con l’obiettivo di realizzare accordi di contrattazione aziendale decentrata anche sui temi del miglioramento della condizione di lavoro degli over55.
Questo obiettivo è stato perseguito anche attraverso la realizzazione di una breve ricerca sul campo, che ha previsto l’invio di 120 questionari a un campione di addetti over55 e la realizzazione di due focus group con i rappresentanti delle aziende e del sindacato a Bergamo. L’indagine, giunta nella fase conclusiva, si rivela utile anche per comprendere quali speranze vengano riposte nelle misure messe a disposizione dal Pnrr.

Dai circa 1,8 milioni del 2000 ai 4,7 milioni del 2021, nel Paese gli over55 sono pari ora a un occupato su cinque (dati Istat): i cambiamenti demografici in atto e l’aumento dell’età pensionabile hanno infatti favorito negli ultimi vent’anni la forte crescita del numero dei lavoratori maturi. Oggi questi lavoratori sono esplicitamente richiamati tra quelli “fragili e vulnerabili” nel Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) adottato dall’Italia, e almeno fino al 2025 saranno oggetto di interventi di sostegno per potenziarne l’occupabilità anche attraverso la riqualificazione delle competenze.

“Nell’agenda del sindacato confederale e della CGIL il tema dei giovani, di come dare loro una prospettiva di crescita con un lavoro più dignitoso e meno saltuario è centrale e prioritario, così come quello delle tutele sociali ed economiche per le persone anziane che hanno maturato il diritto alla pensione. Ma esiste un’altra emergenza, una fragilità nella fascia di lavoratori di mezzo, un’emergenza anagrafica, correlata spesso con un minor grado di propensione al cambiamento” spiega Gianni Peracchi, segretario generale della CGIL di Bergamo. “Si tratta di una fascia di lavoratori che oggi in Italia vede un’incidenza del 20% nella popolazione degli occupati (dipendenti e autonomi). Una percentuale simile, se non maggiore, si registra nella nostra provincia. Per questa ragione, per i nuovi bisogni che abbiamo riscontrato sul campo, per il fatto che il lavoro maturo viene considerato anche nel Pnrr, per gli intrecci con ambiti come quello del sistema pensionistico e della flessibilità – intesa nel senso più positivo del termine - dell’organizzazione del lavoro, la CGIL di Bergamo ha promosso un’analisi mirata sul tema”.

 

Lavoratori senior analisi AcrossConcept Ott2022

Tassi di occupazione a Bergamo (sulla corrispondente fascia di età della popolazione) suddivisi per fasce d’età e sesso.

 

Dai primi risultati ottenuti è emerso che, raggiunti i 50–55 anni, un lavoratore si trova ad affrontare un momento delicato del proprio percorso professionale, a prescindere dal fatto che possa perdere o meno la propria occupazione. Durante i focus group, la maggior parte dei partecipanti ritiene che le non adeguate opportunità di aggiornamento e formazione, i pregiudizi nei confronti dei lavoratori anziani e le rigidità nell’organizzazione del lavoro sono i principali ostacoli al mantenimento della motivazione e di un livello di produttività adeguato da parte del lavoratore senior.
Secondo l’opinione dei sindacalisti, specie con riferimento agli addetti alla produzione e alle piccole imprese, spesso le soluzioni aziendali che riguardano gli orari, gli spazi, le mansioni e i carichi di lavoro sono inserite nella logica del permanente e risultano quasi impermeabili ai cambiamenti psicofisici che si verificano con il crescere dell’età. Poco utilizzate sono anche le soluzioni ambientali ispirate all’ergonomia, che studia l’adattamento delle condizioni di lavoro alle capacità e alle caratteristiche del lavoratore. Sebbene, almeno per quanto riguarda i singoli casi problematici, l’intervento della “Valutazione dei rischi” prescritto ai datori di lavoro dal decreto legislativo 81/2008 consenta, attraverso l’esame del medico competente, di adeguare quanto più possibile il lavoro alle caratteristiche individuali, si reputa che molte aziende continuino a considerare la pianificazione del personale in termini di interventi puntuali, anziché di strategia di medio-lungo periodo. Queste ultime dovrebbero essere finalizzate all’adozione di misure preventive ed organizzative, modulate sulle caratteristiche fisiche e psicologiche dei lavoratori.

Secondo l’opinione prevalente degli imprenditori contattati la sfida più grande che comporta l’ageing (l’invecchiamento) dei lavoratori in produzione è la motivazione, seguita dal mantenere alta la produttività (“si fa fatica a lavorare a tempo pieno con lo stesso livello di produttività”, “per chi non ha competenze di base adeguate è quasi impossibile seguire il passo della digitalizzazione”) e dai carichi di lavoro (“non è facile coniugare età con turni di lavoro e carichi correlati”).
Allo stesso tempo, durante gli incontri è stata riportata l’esperienza realizzata in alcune medie e grandi aziende che operano nella bergamasca e in Lombardia, le quali anche attraverso la contrattazione sindacale (tra queste, Bricocenter srl, Capgemini Italia, Gruppo Sapio) hanno introdotto pratiche innovative nella gestione della forza lavoro anziana, ad esempio valorizzando l’esperienza di questi lavoratori con iniziative di cosiddetta staffetta generazionale, puntando sull’introduzione del ruolo di mentore, individuando azioni di rafforzamento delle competenze di base e agevolando il turn over con misure non traumatiche di cessazione dei rapporti.

Inoltre, nel 2017 Confindustria di Bergamo, a fronte della crescente presenza dei lavoratori anziani in azienda, ha caldeggiato, attraverso l’emanazione di “linee guida aziendali”, l’adozione nelle imprese di tre soluzioni: la concessione del part-time, la variazione di mansioni e interventi specifici di formazione continua. Si è tuttavia osservato come le politiche adottate a livello aziendale – ancora insufficienti anche per quanto riguarda il numero delle esperienze virtuose rilevate – non bastino ad affrontare con speranze di successo questa sfida, ma è necessario che nel nostro Paese “le politiche attive per il lavoro e previdenziali si mettano al passo con l’obiettivo europeo dell’invecchiamento attivo”. In particolare, secondo i rappresentanti aziendali è necessario che il decisore politico promuova l’intensificazione delle azioni di formazione continua nelle aziende attraverso più consistenti finanziamenti, la semplificazione delle procedure e rendendo strutturale e con maggiore copertura il Fondo nuove competenze.
Circa questo tema, da un lato si sottolinea la necessità di innovare l’intervento formativo in azienda, valorizzando il know how del lavoratore senior (cioè le cosiddette abilità cristallizzate) e favorendo la diffusione del trasferimento di conoscenze imperniato sul dialogo intergenerazionale; dall’altro, il sindacato sollecita la rapida attuazione del “Piano strategico nazionale per lo sviluppo delle competenze della popolazione adulta” approvato in Conferenza Unificata nel 2021, per rafforzare l’apprendimento permanente e consentire a una parte consistente della popolazione adulta di colmare i deficit di competenze di base e di basse qualificazioni e recuperare, così, competitività nel mercato del lavoro. Infine, si auspica che le misure previste dal Pnnr possano apportare un contributo efficace alla motivazione al lavoro e all’aumento dell’occupabilità di questi lavoratori.

Relativamente alle misure di transizione al pensionamento, in linea generale le parti sociali concordano sulla necessità che il legislatore introduca maggiore flessibilità per la definizione della data di uscita del lavoratore. Molto caldeggiata è la soluzione del part time a parità di contribuzione, sulla base del fatto che numerosi lavoratori giunti alla fase conclusiva della carriera opterebbero volentieri per la riduzione dell’orario lavorativo rinunciando a una parte del salario ma non alla contribuzione pensionistica. In cambio della trasformazione dei rapporti di lavoro in part time il sindacato chiede alle aziende di assumere giovani, per mantenere il saldo occupazionale in positivo.

L’indagine si è poi rivolta direttamente a un campione di lavoratori. Le elaborazioni statistiche dei questionari somministrati non sono state ancora completate, ma dai primi risultati emerge come la maggioranza degli intervistati esprima il desiderio di andare in pensione il prima possibile, con particolare riferimento a chi svolge un lavoro fisico, ripetitivo o pagato poco, oppure è impiegato in un’azienda che fornisce prospettive di lavoro incerte. Questo orientamento sembra riguardare anche molte donne senior, per le quali le difficoltà nel conciliare i tempi di vita e di lavoro e la retribuzione spesso non adeguata costituiscono nei fatti un forte incentivo a lasciare il lavoro precocemente. Chi invece desidera andare in pensione il più tardi possibile oppure non ha problemi ad attenersi alle regole vigenti per il pensionamento, spesso dichiara di svolgere un‘attività lavorativa soddisfacente o di possedere un’elevata qualifica professionale.

Via Garibaldi, 3 - 24122 Bergamo (BG)

SOCIAL

LINK

Cerca