Oggi l'Eco di Bergamo riprende l'argomento legato alla situazione esistente in Piazzale Alpini dando voce a chi impegna grandi risorse, anche personali, per portare sollievo ai diseredati/sbandati/emarginati che lo frequentano.
Mentre si deve capire il rammarico degli intervistati i quali vedono i loro sacrifici minati dalle critiche di chi si lamenta per il degrado evidente del luogo pubblico senza spendere una parola a favore degli "ultimi" e di chi li soccorre, si dovrebbe avere la consapevolezza che continuando così si rischia di alimentare il disagio e l'insofferenza in chi non ha responsabilità diretta nelle disgrazie che hanno colpito tanta povera gente.
Di fronte alla fame, al caldo, al freddo, alla mancanza di lavoro, alla lontananza dai propri cari, parlare del degrado causato da chi espleta i propri bisogni fisiologici sul prato pubblico può sembrare miope (non guardare oltre la siepe); è però altrettanto miope non rendersi conto che tali comportamenti non solo collidono contro il nostro modello di convivenza civile, ma rappresentano anche dei rischi per la salute della cittadinanza.
Cittadinanza che se non si fa carico direttamente dell'assistenza è comunque coinvolta nel sostenerne i costi e i disagi.
Fosse soltanto per tale motivo riteniamo più che lecito esigere, da chi ne ha l'autorità, che siano fatte rispettare alcune regole fondamentali di convivenza. Anche per una questione di coerenza: che senso ha emettere un'ordinanza che decide il limite da non superare quando si va a prendere il sole in un parco (parliamo di abbigliamento) e non intervenire nei confronti di chi facesse uso di quel luogo per espletare bisogni corporali.
Degrado di Piazzale Alpini
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