Un aspetto di cui si discute molto in questi giorni (migliaia di risparmiatori coinvolti) è la riduzione di rendimento dei BPF serie Q/P emessi con “errori” da parte di Poste Italiane spa.
In particolare, ciò che viene contestato è l’utilizzo di precedenti moduli cartacei della serie P con l’applicazione di un timbro sul fronte con indicato “serie Q/P” ed uno sul retro con i tassi di interesse della serie Q ma solo fino ai primi 20 anni senza alcuna modifica per gli ultimi 10 anni. Si ricorda che i rendimenti stampigliati della serie P sono molto più elevati (si parla del 15% in ragione d’anno per 10 anni anziché il 12%).
La giurisprudenza prevalente viene emessa a favore del risparmiatore, anche della nostra Corte di appello di Brescia, di quella di Torino e di Venezia e, a breve (si spera) interverrà anche la Cassazione.
Nel frattempo, però, Federconsumatori Bergamo vuole segnalare un grave e inaccettabile comportamento di Poste Italiane spa la quale, a partire da maggio 2020, si rifiuta di adempiere alle decisioni emesse sul tema Q/P in favore dei risparmiatori dai diversi collegi arbitrali dell’ABF (Arbitro Bancario Finanziario).
Di fatto, i tanti inadempimenti (i mancati pagamenti da parte di Poste ai propri risparmiatori stanno per raggiungere quota 1.000) provocano una delegittimazione dell’organismo fondato da Banca d’Italia.
Si vuole, pertanto, segnalare e stigmatizzare questo atteggiamento in un momento storico in cui le famiglie, già martoriate da una crisi economica senza precedenti, contano su quei risparmi sottoscritti trenta anni prima ed anziché ricevere l’importo promesso si vedono liquidare una somma inferiore di oltre il 35%. Senza contare che, una volta ottenuta una decisione a loro favore da un organo quale l’ABF, Poste decide inopinatamente di non pagare, portando così di nuovo la disputa davanti ad un organo giudiziario ordinario con i tempi e i costi della giustizia ordinaria che sono di gran lunga superiori a quelli arbitrali.
Ricordiamo che Poste Italiane spa è una società che viene detenuta per il 30% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e per il 35% da Cassa Depositi e Prestiti spa la quale, a sua volta, viene detenuta per oltre l’82% dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Pare un po’ che i diversi organi del nostro Stato non vogliano collaborare.